Incontri ravvicinati col romano!

Quando tu arrivi per la prima volta a Roma, sia essa per turismo o per lavoro, due cose sono sicure al 100%: la prima è che vedrai il Colosseo e la seconda è che, ahimè, ovviamente ti perderai e avrai bisogno di chiedere un’informazione per strada. Allora cominci a cercare con lo sguardo una persona a cui domandare la strada per tornare in albergo, cominci a fare una selezione cercando di trovare uno o una del posto, un romano che sappia indicarti, senza dubbio alcuno, la retta via.

Ora… riconoscere un vero romano non è difficile, ma non perché noi siamo bravi ma perché il romano, quello vero, fa di tutto per essere riconosciuto. Non si sa perché, è come se lo facesse per marchiare il territorio come un cane che fa la pipì ad ogni angolo, come per ammonirti: „Guarda che io so’ romano, vor dì proprio de qua, mica un turista o uno forestiero”! Allora attivi la tua vista acuta, come un’aquila (e state attenti a Roma a dire aquila per non essere scambiati per tifosi della Lazio, perché quelli della Roma si chiamano Lupacchiotti, decidete voi da che parte vogliate stare) in cerca della sua preda e cominci a notare: ecco là uno che potrebbe esserlo, aspetta, aspetta, che fa? Compra una banana per sette euro su una bancarella di fronte al Colosseo. Allora no, è americano. E quell’altro? Si volta, ha una cartina in mano e pensa: „Io me la cavo da solo, senza chiedere”, non va bene, è polacco. Arriva un uomo distinto in giacca e con una cravatta con un nodo grosso come un’arancia, forse è lui, un turista mica va in giro in giacca e cravatta d’estate, semmai in sandali con calzino bianco; macché… alza lo sguardo e ammira il Colosseo, allora è un agente immobiliare che non ha mai venduto neanche una baracca, è meridionale e lavora a provvigione.

Finalmente lo vedi, è uno che arriva con lo scooter, parcheggia, parla al telefono e non sembra stare al Colosseo, neanche lo guarda, piuttosto è come se fosse sotto al portone di casa sua a litigare col commercialista al telefono, senti che urla:
“Ma allora sei de coccio”! – Comunissimo modo di dire in perfetto stile romanesco, in italiano potrebbe essere tradotto come: “ma allora sei testardo come un asino, non vuoi proprio capire”. Per meglio renderne il senso, l’espressione viene, dal romanaccio doc, accompagnata con il gesto di sbattere un paio di volte il pugno chiuso, in modo deciso, contro una superficie dura, il tavolo di legno, la porta, il cruscotto dello scooter.

Ogni dubbio viene completamente fugato quando senti la fatidica frase: “E va bbè, e sti cazzi nun ce lo metti”? – Altra perla romanesca che non è solo un banale modo di dire, bensì una filosofia di vita, un modo di essere e di esprimersi. Difficile da tradurre persino in italiano, in risposta a quello che ha detto il nostro interlocutore potrebbe essere: “Ho capito, e chi se ne frega”? Molto più semplice da rendere in polacco con un banale e pulito: “No, dobrze. A co z tego”? Non avete ancora capito come usarlo? Vi faccio un esempio, è importante non utilizzarlo fuori contesto altrimenti sarete solo un buffo tentativo di imitare il romano. Per esempio, un amico vi telefona e vi dice: “Sai? Roberto ha deciso di cambiare lavoro”. Se non vi stanno molto a cuore le vicissitudini dell’amico Roberto, questo è il momento giusto per dire: “E sti cazzi”? Capito?

Con queste due frasi non hai più dubbi, l’hai trovato! Che fortuna, ha anche smesso di parlare, ti avvicini e timidamente dici: „Scusi, potrei chiederle un’informazione”? Lui ti guarda, ti stampa un gran sorriso disponibile (soprattutto se sei una bella ragazza) e ti risponde: „Dimmme” (con 3 M!). E’ lui. Centro! Pensi di avercela fatta, l’albergo è ormai vicino e chiedi: „Mi potrebbe dire come andare in Via del Babuino?”. Ok, la domanda è fatta, informazione chiesta.
Ora ci sono 2 opzioni di risposte possibili.

La prima: sei la bella ragazza, di cui sopra, e ti risponde: „E’ molto lontano, bella. Guarda, io sto andando da quella parte, ti accompagno, se vuoi”. Grande! Così faccio anche un po’ di
conversazione in italiano (ottimo se sei straniera). La seconda: sei tutto tranne la bella ragazza, scegli tu chi essere. Allora lui ti guarda e con lo stesso identico sorriso ti fa: „Aooo, me sa che è meglio che rimani qui a dormì nella metro, Via del (der) Babbbuino (con 3 B stavolta) sta dall’altra parte, molto lontano, che te lo dico a fà”. E sempre con lo stesso sorriso s’allontana, lasciandoti là, deluso o disillusa che a Roma i fondi schiena siano tutti uguali.

Allora che fai? Ne cerchi un altro, ora ne riconosci anche l’accento, è ancora più facile. Quando lo trovi, la risposta è molto simile a quella di prima.
Io, una volta, ero con un amico, dopo quattro tentativi, al quinto il mio compagno di avventure, spazientito, ha chiesto: „Scusa, devo andà  dall’altra parte, lontano, come faccio”?

 

10 cose che un polacco deve sapere quando organizza le vacanze in Italia!

Si apre il portellone dell’aereo e scendete. Oppure fate l’ultima sosta benzina sull’Autostrada del Sole, sorseggiate un espresso che costa al massimo un euro e venti centesimi nonostante gli Autogrill siano tra i posti più cari della penisola, risalite in auto e fate gli ultimi 50 km, prendete l’uscita che vi porta alla vostra destinazione, spegnete il motore, aprite lo sportello e toccate il suolo con il piede sinistro. Presagio?

Ci siete! Siete arrivati in Italia. La vostra avventura in questo Paese pirotecnico sta per cominciare. Ma che cosa vi dovete aspettare dai „fuochi d’artificio” (cito Servegnini) che scoppiettano nelle teste degli italiani e, di conseguenza, sul suolo rovente (se decidete di fare le vacanze in luglio o agosto) dello stivale?

Ecco un vade mecum, un elenco di quello che un ignaro turista straniero potrebbe trovare strano, inusuale, bizzarro ecc.. muovendosi tra le viuzze di un centro storico o sulla calde sabbie che baciano i mari italiani. Un consiglio, prendete tutto com’è, amatelo o odiatelo. Una cosa è certa, in un caso o nell’altro, tornerete!

 


 

PUNTO UNO – La colazione in Italia. Cappuccino o caffè e cornetto. Se avete prenotato un B&B non aspettatevi di trovare altro se non questo. I cornetti potrebbero anche essere di quelli confezionati. Magari se il B&B è gestito da una gentile signora italiana, forse, vi avrà preparato una torta fatta in casa. Allora scordate uova, pane, pancetta, crepes, frutta di stagione e compagnia bella. Storcete il naso e cercate un ristorante alle 10 di mattina? Scordatevi anche quello. Se vi va bene, potete entrare in un bar e, oltre alle già citate opzioni culinarie, forse trovare anche panini e tramezzini. Ovviamente altro paio di maniche se avete prenotato un bell’albergo dalle 3 stelle in su. Qui troverete sicuramente la vostra amata colazione europea dopo la quale hai solo voglia di ritornare a letto. Un consiglio: se, invece, avete pensato di prendere un appartamento dove vi gestite completamente da soli, andate in un supermercato (ma controllate le ore, adesso ci arriviamo) e mettete qualcosa in frigo… non si sa mai.

PUNTO DUE – La siesta (anche dei negozi). Siete in un piccolo paesino della Toscana. Fa un caldo che camminare in un girone dell’inferno dantesco sarebbe meglio. Sono le 15 e state sudando le famose sette camice. I ristoranti sono già chiusi. Volete qualcosa da bere, forse un gelatino per rinfrescarvi, cercate un negozietto sul gps, vi ci avviate e… TA DAAM, chiuso! Sì, perché in Italia i negozi sono chiusi dalle 14 alle 16 o 16.30 o anche 17. Perché? Perché siamo pigri? Non esattamente. Soprattutto d’estate quelle sopra indicate sono le ore più calde, durante le quali perfino i dottori sconsigliano di stare in strada. Allora i negozi non avrebbero neanche i clienti. E in inverno? Soprattutto nei paesini e nelle piccole città per pranzo si va a casa e ci si siede a una tavola sempre apparecchiata. Il pranzo da noi è sacro. E non vi illudete di entrare al fresco di una chiesa, sono in siesta anche quelle. Allora cosa potete fare? Abbiate con voi sempre le bottigliette di plastica. Ci sono tante fontane dove riempirle e dissetarsi.

PUNTO TRE – Niente tasto del volume della voce. Avete lavorato duramente tutto l’anno. Avete messo da parte i soldini per passare due settimane in una bella città italiana, magari avete trovato una location che si affaccia sul bellissimo lungomare di una delle tante città balneari. Immaginate lunghe giornate al mare, passeggiate sulla spiaggia, una cenetta romantica e poi, alle 23, stremati, finalmente a nanna per recuperare un po’ di stanchezza accumulata in ufficio. Vi siete fatti un film. Bello ma irreale. In una location così, gli schiamazzi della gente per strada non vi faranno chiudere occhio fino alle 4 del mattino. E quando vi sarete finalmente addormentati, alle 5, cominciano a circolare i camion per la raccolta dei rifiuti e dalle 6 potrete deliziare le vostre orecchie con le filastrocche dei venditori ambulanti di frutta e verdura, frise, materassi, sì avete capito bene, materassi. A una piazza, a una piazza e mezza, a due piazze. E quando si fermerà sotto casa cominceranno le negoziazioni con annesse imprecazioni (in dialetto) della nonnetta arzilla della porta accanto. Fate le vacanze per dormire e riposare? Prendete un agriturismo in mezzo alla campagna.

Le mie vicine che conversano, preparando i fichi secchi!

 

PUNTO QUATTRO – In ufficio le 10.34 sono quasi le 10.45. In vacanza le 10.45 sono le 10.30. La teoria della relatività del tempo si sposa benissimo con l’orologio al polso dell’italiano. Se volete vedere un nativo alle 11.30, ditegli che lo aspettate qualche minuto prima delle 11. Se qualcuno vi chiedesse l’ora, guardatevi bene da rispondergli precisamente con frasi del tipo, sono le dieci e trentotto. Potrebbe invitarvi a farvi vedere da un suo amico molto bravo di professione psicologo.

PUNTO CINQUE – Le frecce le usano solo gli indiani. E qui ci sarebbe tutta una psicologia della guida come nella vita sulla nostra personale interpretazione delle regole. Ma non voglio annoiarvi e ve la faccio breve: se sono ad un semaforo, sono sulla corsia che mi permette solo di girare a sinistra, perché devo mettere la freccia? Perché? Perché? Perché lo dice il codice della strada? Il codice della mia logica rules!

PUNTO SEI – Acqua e olio tutto apposto? Dal benzinaio chiedete 20 euro di benzina o diesel, non 15 litri. Do pełna si dice: il pieno, per favore. Ovviamente il Servito costa più del Sel Service.

PUNTO SETTE – Il concerto dei clacson. Strumento che si usa per segnalare situazioni di pericolo. Sì? Davvero? Ma manco per sogno. Il clacson ha il suo vocabolario, con lui: si parla, si saluta, si manda a quel paese, ci si dà appuntamento al bar. Lo so a cosa state pensando… non ci provate. Livello C2, solo per madrelingua.

PUNTO OTTO: Sei malato? Questa è la risposta se vi sognate di chiedere al bar un tè o una tisana. E già che ci siamo, eccovi alcune pillole in cucina: pasta, lasagna &Co. sono primi piatti. Il risotto anche, non è un contorno. Se avete comprato il libro con rozmówki „Blondynka we Włoszech” (esiste davvero) e avete una finestra vicina, apritela e lanciatelo! Al bar si va prima alla cassa, si ritira lo scontrino e con quello si va al banco, si ordina e si consuma in piedi. Certo, potete anche sedervi nei bar sulle piazze delle città d’arte per sorseggiare (2 sorsi a dire il vero) il vostro espresso ma preparate il portafogli perché è un piacere che pagherete caro. Siatene consapevoli. Poi non dite che non vi hanno avvisato. Sul tentativo di ordinare una Hawajska, sorvolo perché non voglio essere standard. Ah, l’ultima cosa: se ordinate latte, riceverete un bicchiere di latte caldo, solo quello. Dovete dire: un caffelatte, per favore.

PUNTO NOVE: Sulla spiaggia niente gare. (Almeno al Sud). Non andiamo al mare per mostrare quanto sappiamo nuotare bene, per fare attività fisica, per fare corsetta sul bagnasciuga. Non siate competitivi, in nulla. Il bagno si fa in questo modo: si entra dove l’acqua ti arriva al ginocchio, con gli occhiali da sole, si mettono le mani sui fianchi e si parla con l’amico. Questo per noi è il vostro pływać. Allora sulla spiaggia stendetevi a quattro di bastoni, (carta napoletana) altrimenti si capirà subito che non siete italiani. Per confondere ancora di più, potete portarvi un’anguria e lasciarla a mollo nell’acqua del mare.

PUNTO DIECI – O co tu chodzi? Allora vi starete chiedendo se davvero valga la pena andarci. Ne vale la pena, assolutamente. E se vivrete tutto questo col giusto atteggiamento, perfino la macchina che blocca il traffico per parlare con l’amico che siede nell’autovettura che si trova nella direzione opposta, perfino questo irrispettoso atteggiamento verso il prossimo, vi strapperà un sorriso. Buone vacanze!

 

Salento e son contento…

Salento – lu sule, lu mare, lu jentu; ziemia dwóch mórz; Jamajka Południa; Kraina Otranto; finis terrae, obcas Włoch; skrajne południe Apulii…
No właśnie – Salento…, czyli właściwie co?

Z czysto geograficznego punktu widzenia chodzi tu o Półwysep Salentyński, czyli – patrząc na mapę Włoch – o „obcas” (faktycznie jednym z synonimów jest określenie Tacco d’Italia). Od reszty Apulii oddziela go łatwo dająca się poprowadzić linia wychodząca od Zatoki Tarenckiej, przechodząca przez środek półwyspu i dochodząca do Adriatyku na północ od miasteczka Ostuni. Na południu ograniczają Salento dwa morza – Adriatyk i Morze Jońskie – stykające się pża Santa Maria di Leuca. Tylko 72 km dzielą Salento od Albanii, niewiele więcej od Grecji.

 

Salento na mapie

 

Podchodząc do zagadnienia z punktu widzenia podziału geo-politycznego, należy koniecznie wspomnieć, że mimo iż często mówiąc o Salento, używa się określenia „region”, ziemie te NIE są wyodrębnioną jednostką administracyjną. Stanowią część Apulii, a w ich skład wchodzą: całe terytorium należące do prowincji Lecce (które to miasto zresztą nazywane jest „sercem i duszą Salento”), środkowa i południowa część prowincji Brindisi oraz wschodnie tereny prowincji Tarent (wł. Taranto).

 

Tereny należące do Salento

 

Historycznie rzecz ujmując, na dzisiejszy kształt, kolor, ale także i brzmienie Salento ogromny wpływ wywarł fakt, iż od zawsze ziemie te były pierwszym celem zagranicznych podróżników, którzy przybywali do Włoch w poszukiwaniu szczęścia. Doprowadziło to do powstania tu wielokulturowego społeczeństwa, w obrębie którego różne napływowe nacje świetnie zintegrowały się z rodowitymi Salentyńczykami. Dzięki temu Półwysep wręcz kipi pozytywną energią, jest kolorowy i pełen muzyki (z silnymi wpływami reggae), co sprawia, że Salento nazywane jest Jamajką Południa.

Ale tak naprawdę to, co wyróżnia Salento od reszty Apulii czy całego Półwyspu Apenińskiego, to nie geografia czy narzucone z góry podziały administracyjne, bądź też takie czy inne określenia, ale historia, kultura, język i kuchnia, które składają się na tożsamość mieszkańców tej ziemi, zwanej przez wiele setek lat Terra d’Otranto.

Najbardziej charakterystyczne miejsca i zjawiska przyrodniczo-kulturowe w najlepszy sposób skrótowo przedstawia poniższa muzyczna wizytówka Salento zatytułowana – nomen omen – Paradiso a Sud-Est [Raj na południowym Wschodzie]:

 

Après la Classe: “Paradiso a Sud-Est”; YouTube

 

Nie jest pewne pochodzenie nazwy Salento. Istnieje legenda mówiąca, iż wywodzi się ona od imienia jednego z messapijskich królów Sale, którego potomkom zawdzięczamy założenie miast Syrbar (czyli „Miasto Słońca”, dzisiejsza nadmorska turystyczna miejscowość Roca), Lyppiae (czyli dzisiejsze Lecce) oraz Rudiae (na terytorium obecnego Lecce). Niektórzy uczeni upatrują pochodzenia nazwy w słowie salum rozumianym jako „ziemia otoczona przez morze”. Faktycznie starożytni Rzymianie mianem Sallentini określali mieszkańców bagnistych, podmokłych terenów w rejonie Zatoki Tarenckiej. Inni z kolei chcą wyprowadzać nazwę półwyspu od kolonizujących go przed wiekami Kreteńczyków, zwanych Salenti, gdyż pochodzili z miasta Salenzia. Natomiast Marek Terencjusz Warron twierdził, jakoby chodziło tutaj o rodzaj sojuszu zawiązanego in salo – na morzu – przez grupy etniczne zamieszkujące te tereny: Kreteńczyków, Ilirów i lud wywodzący się z Lokrydy.

Jeśliby natomiast zapytać rdzennych Salentyńczyków, jak sami zdefiniowaliby swoją ziemię, wielu odpowie bez zastanowienia: lu sule, lu mare, lu jentu [słońce, morze, wiatr].
No właśnie:

 

Après la Classe feat. Caparezza: “Salentu, lu sule, lu mare, lu jentu”; YouTube

 

Rzeczywiście Salento to – jak śpiewają Après la Classe – penisola fatta di sole e mare; terra magica sempre pronta ad amare che a tutti fa sentire l’energia resa dai passati eventi [półwysep tworzony przez słońce i morze; magiczna ziemia zawsze gotowa kochać, która wszystkim daje odczuć energię czerpaną z wydarzeń przeszłości].

Na pewno w lepszym poznaniu obcasa włoskiego buta i dowiedzeniu się, czymże to Salento tak naprawdę jest, pomoże jego odwiedzenie, a póki co – dalsza lektura bloga.